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Premio della pace.
Corriere della Sera -
di Angelica Calò Livnè.

Un trionfo dell’amore questo viaggio con Samar, la mia amica – sorella palestinese. Una benedizione personale dell’Altissimo che sembrava dirci: “Andate, siete sulla strada giusta! Non vi abbandonero’, non abbiate timore di nulla!” Il “Premio al Femminile” al Sacroconvento d’Assisi con una giuria d’eccezione composta da Enzo Biagi, Ermanno Olmi, Fiorella Padoa Schioppi e i produttori del “Vino della Pace”. La “lampada perenne” dinnanzi al Sepolcro di Francesco stesso, sotto a quella Chiesa accarezzata dal pennello di Giotto. Gli occhi attenti di mille ragazzi di Gs con la faccia dipinta di rosso, verde e blu. L’accoglienza amorosa dei Quer, nostri amici veneti che avevano organizzato la nostra presenza come ospiti “illustri” alla manifestazione “Asolo libri” per un’intera settimana con ragazzi di tutte le eta’ che ci ascoltavano rapiti dall’universalita’ del bene, della positivita’, della speranza. Per dimostrarci tutto il loro affetto ci avevano ceduto la loro stanza e ci avevano coperto di attenzioni per incoraggiare la nostra opera, per dirci in qualche modo grazie. Poi, la serata a Castello di Godego, in una splendida Villa veneta mentre i volti sorridenti dei bimbi di Jelil Amal e degli uomini che lavorano nel Forno della pace creato da Samar per dare pane e lavoro alla sua gente, scorrevano sullo schermo. Mentre i ragazzi del Teatro dell’Arcobaleno raccontavano con slancio che per loro era una gioia partecipare insieme ragazzi arabi ed ebrei a uno spettacolo sulla pace abbiamo iniziato a sentire l’inquietudine di certi signori li in seconda fila. Commentavano ogni parola di Samar, guardavano me con diffidenza e disprezzo. Quando abbiamo finito la nostra testimonianza e come al solito, molti si asciugavano gli occhi per la commozione, per quella specie di miracolo di amicizia, l’uomo in seconda fila ha irrotto gridando che quello non era che un mucchio di frottole, che noi due non eravamo nessuno, che stavamo imbrogliando il povero pubblico. Pretendeva che io dicessi a tutti di chi e’ la terra su cui sorge il mio kibbuz. Sto per rispondere che le terre dove abitiamo e dove sorgono i nostri campi e i nostri frutteti erano state comprate con i denari degli ebrei di tutto il mondo a caro prezzo ma Samar interviene energicamente e dichiara con fermezza: “ Siamo qui per parlare di pace, per raccontare la nostra opera di pace e non per dire chi ha colpa, chi ha torto e chi ha ragione, siamo qui a costruire ponti, a mostrare i ponti nascosti!” “Siamo qui a chiedervi di ascoltare!” Aggiungo io. L’uomo inveisce contro Samar “La tua fortuna e’ che sono solo stasera, sei una disgrazia per la Palestina tu!” Continuiamo a tenere la testa alta ma qualcosa sembra spezzarsi nel cuore. Giovanni, il figlio della famiglia di Giusti che ci ospita ci consola: “Se tutti facessero come voi sarebbe gia’ la pace, Samar, tu stai facendo cosi tanto per la Palestina, stai dando una casa a tanti bambini, un rifugio a tante donne!!” Ma e’ difficile calmarsi, addormentarsi. Poi, al mattino ci svegliano con il solito affetto: “Si esce in gita!” E su per Asolo tra storie e leggende su la Duse, D’Annunzio e scrittori famosi che si rifugiavano a cercare ispirazioni tra le mura di quelle case pittoresche e al Tempio di Canova a Possagno, tra ville a ponti costruiti da Palladio, su, su in cima al Monte Grappa, davanti alle Dolomiti, fino a un Mausoleo. Un Mausoleo per 100mila soldati morti nella I guerra mondiale, che si affaccia sulla bellezza di D-o e su una statua che grida verso il cielo ricordando l’altra guerra e i partigiani. Versi di Quasimodo e di Ungaretti. Una Madonna bruciata dalle granate. Una strada che scende tra faggi, olmi, larici e genziane fino a Feltre, citta’ natale di Vittorino, un pedagogo. Ancora una volta abbiamo ricevuto una risposta a questa sofferenza che ci gravava sul cuore.


Si, siamo sulla strada giusta. Non dobbiamo temere. Non vogliamo piu’ sentire “urli neri” di madri che seppelliscono i propri figli. Non vogliamo piu’ sentire pianti di bimbi senza padri, senza madri. Non vogliamo piu’ morti, feriti, dolore.
Vogliamo la vita!

Dr. Angelica Calo' Livne'

 

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