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"Vi ricordate di Samar?"
10 novembre 2010
Diario
Patrizia Reso

Sul Corriere dell sera di ieri è stato pubblicato un articolo inquietante: in Palestina è stato chiusa la casa di Lazzaro, l'orfanatrofio realizzato da Samar Sahhar per accogliere orfane o bambine dall'infanzia violata, senza distinzione di etnia, religione o provenienza.

Samar era stata individuata dalla commissione che organizzava il Premio" Mamma Lucia: Alle donne coraggio", ideato da Antonio Armenante, già consigliere ed assessore in precedenti Amministrazioni, proprio come donna coaggio, insieme a Angelica Edna Calò Livné per la prima edizione. Furono scelte perchè entrambe, pur essendo l'una palestinese e l'altra israeliana, rappresentavano la forza e la volontà della pace sugli interessi geopolitici dei potenti. Per motivi puramente di ordine pratico, Samar fu sostituita da Maysa Baransi Seniora, ugualmente palestinese come lei ed ideatrice di una radio che dà voce a tutti indistintamente.

Samar ha sempre sostenuto che i "bambini piangono tutti nella stessa lingua" e tutte le bambine che ha accolto nella sua casa famiglia sono state rispettate nelle loro origini, comprese quelle religiose pur essendo Samar cattolica.

Nell'articolo di Francesco Battistini c'è la chiarezza del come sia avvenuta questa chiusura forzata della Casa di Lazzaro, ma non del perché. Si paventano interessi di denaro ,comprensibili perchè divenuto il motore di ogni cosa, ma non sufficienti, dato che tra le righe si leggono anche interessi religiosi e/o politici. Resta una sconfortante, tragica, tristissima realtà: le bambine che avevano trovato un affetto con Samar, ora sono di nuovo alla mercé della violenza, palese o mascherata.

Chi può, facesse qualcosa!!!



Un lucchetto sulla casa di Lazzaro Le orfane? Abbandonate di nuovo
Francesco Battistini
- Corriere della Sera | 9 novembre 2010 -

L'istituto era gestito da Samar Sahhar, una donna cristiana palestinese, grazie anche ad aiuti italiani. Le ragazze erano 23. Chi figlia di una prostituta, chi abbandonata in strada. Ora la struttura è in mano all'Autorità Nazionale Palestinese

BETANIA (Cisgiordania)
«Non c' è più nessuno!». Nunu che al mondo aveva solo una mamma prostituta. Leila che era stata cacciata dalla famiglia beduina, perché nella tribù volevano solo maschi. Sujud, la più piccola, che era stata trovata in mezzo a una strada nuda e coi capelli strappati. Nabila che era arrivata con le orecchie mozzate, sdentata, piaghe e pus, perché stava in una grotta incatenata come un animale. «Non c' è più nessuno!»: un mezzogiorno di metà settembre alla Lazarus Home, la Casa di Lazzaro che da tredici anni accoglieva le senzafamiglia, le abbandonate, le violentate, tutte le femmine che nessuno in Cisgiordania vuole mai, un brutto mezzogiorno all’orfanotrofio di Betania è arrivata la polizia palestinese.
Moto, sirene, furgoni. Trenta agenti. «Sono entrati in modo volgare, immorale, disumano». Hanno preso le ventitré bimbe. Le hanno portate via. Poi hanno buttato fuori sedie e tavoli, hanno cacciato le cinque lavoranti. Sprangato tutto, un lucchetto al cancello, un cartello sulla porta: «Istituto di proprietà dell’autorità palestinese». E a Samar Sahhar, 49 anni, l’araba cristiana che la Lazarus Home l’aveva fondata, hanno consegnato un foglio di via: l’ordine di lasciare i Territori, l’invito a nominarsi un avvocato. «Erano figlie, per me... Adesso non c' è più nessuno!»: Samar piange, mentre racconta che non s' è potuta prendere nemmeno un vestito, «mi hanno sequestrato il cellulare, hanno rovistato fra le email». Al suo paese, la Betania evangelica dove Gesù resuscitò Lazzaro, è una donna morta: «Hanno sparso la voce che sto in prigione». È ospite delle suore a Gerusalemme, invece. E la settimana scorsa è stata interrogata per un giorno di fila. Accuse su accuse: d'avere commesso irregolarità amministrative e inflitto maltrattamenti alle bambine, d'averle malnutrite, d'avere speculato sul traffico di pellegrini e perfino ospitato israeliani... «Abbiamo fatto controlli su molti istituti - spiega Anwar Hamam, dirigente del welfare palestinese -, qui c'era una signora che si faceva pagare per un'attività di puro volontariato».
Lei si difende, adombrando una persecuzione religiosa: «Al ministero è arrivata gente nuova che non può vedere i cristiani. Vogliono cancellarmi, perché la mia famiglia si occupa di orfani dal '71. Qualcuno mi diceva sempre: ma perché le musulmane dovrebbero venire in un orfanotrofio cristiano? Io rispondevo: in che lingua piange una bambina?». Consacrata, già Memores Domini, Samar ama citare don Giussani ed è stata a lungo un punto di riferimento in Italia, in Gran Bretagna, in Giappone: pullman di pellegrini, trasmissioni tv, un sindaco (Valmontone, Roma) che l'ha fatta cittadina onoraria. Per le adozioni a distanza, alla sua Lazarus Home si sono sempre appoggiati i cattolici dell’avsi. Mai nulla da ridire: «C'è un motivo anche ideologico, in questa chiusura - spiegano all’avsi -. Lì non s'insegnava il cristianesimo, le educatrici erano musulmane, ma può essere che Samar abbia dato fastidio». Non solo fede: le indagini, guarda un po', sono coincise con la lite sulla gestione d' una clinica nuova di zecca. Finanziata dagli italiani e dagli inglesi, succulenta per i palestinesi: «Quando Samar è entrata nel progetto, di colpo hanno cominciato a indagare. Possibile che migliaia di visitatori, in tanti anni, non si siano accorti di tutti quegli abusi?». Le ragazzine sono state portate in un istituto appena costruito. Un centro giovanile, più che una casa famiglia. Ben tenuto, ma blindato. Telecamere e cancelli automatici, vietato parlare inglese e avere contatti con le vecchie educatrici.
«Le bambine sono disperate», dice Samar: «C' è chi stava con me da dieci anni». Non resteranno lì a lungo: quattro sorelle, figlie d' una donna che ha ucciso il marito, verranno trasferite a Ramallah «e rischiano d' essere uccise dalla famiglia del padre, che si vuole vendicare su di loro»; un' altra, una quindicenne che aveva trovato un fidanzato sgradito ai parenti, è stata riportata a casa e costretta a sposarsi secondo tradizione. C'è una torta da spartire, nel frattempo: le offerte, decine di migliaia di euro che ogni mese piovono da tutto il mondo sull’orfanotrofio. L’Autorità di Ramallah le vorrebbe per il mantenimento delle ragazzine, l’avsi ha risposto che non se ne parla. Sabato, i palestinesi hanno nominato un nuovo consiglio d'amministrazione. Gente di fiducia, scelta dal ministero dell’interno. La Lazarus Home riaprirà, forse. Ma senza Samar: «Io gliel'ho detto: se non rispettate neanche i bambini, e chi li aiuta, che ce ne facciamo d'uno Stato palestinese?».

Francesco Battistini *

La vicenda del centro Lazarus Home for Girls, la Casa di Lazzaro, è un centro che accoglie bambine palestinesi abbandonate o che hanno retroterra familiari problematici. È stata fondata 13 anni fa, riceve aiuti da Italia, Inghilterra, Giappone.

La storia. Le ragazze spostate in un centro islamico nei Territori palestinesi. Forse motivi religiosi dietro la chiusura? L' istituto era gestito da una donna cristiana, grazie anche ad aiuti italiani. Le ragazze erano 23. Chi figlia di una prostituta, chi abbandonata in strada. Ora la struttura è in mano all' Anp.

La fondatrice del centro è Samar Sahhar, 49 anni, araba cristiana, vicina alle idee di Don Giussani. Nel 2005 è stata candidata al Nobel. Ora i palestinesi le hanno dato un foglio di via.

Battistini Francesco

Pagina 19 (9 novembre 2010) - Corriere della Sera.

Francesco Battistini, Il Corriere della sera, 9 novembre 2010.pdf


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