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Beresheet La'Shalom ~
In principio era la pace. . .
di Angelica Calò Livnè.

Approfondimenti: Lettera di Angelica; Angelica nelle parole di Franca Zambonini

Nel viaggio in Terra Santa fatto nel giugno dello scorso anno la Fraternità ha incontrato, rispondendo all'invito del Custode di Terra Santa, Angelica Edna Calò Livné promotrice di una serie di progetti a sostegno del dialogo di pace nella Terra del Signore. Attraverso quest'incontro Don Silvio, Marco e Luciano hanno dato avvio ad un'amicizia che nello specifico si è tradotta in un progetto di collaborazione con la Fondazione beresheet LeShalom di cui Angelica fa parte. La lettera che Angelica ha inviato a don Silvio (inserita negli approfondimenti) è una significativa testimonianza di questo fecondo rapporto di collaborazione.

Scopriamo insieme, servendoci di un documento tratto dal sito www.masksoff.org, le tappe importanti dell'esperienza di Angelica e il suo impegno per la Fondazione.

La storia di Angelica e della Fondazione Beresheet LaShalom.

Angelica Edna Calò Livné vive da quasi trent’anni in Israele, a Sasa, un kibbutz della Galilea.

Aveva vent’anni quando ha deciso di lasciare Roma, i suoi genitori e i suoi amici per andare in quella terra promessa. E là ha dato vita a una serie di progetti bellissimi e allo stesso tempo faticosisissimi e difficili, ma così carichi di emozioni e di messaggi che difficilmente chi ha avuto modo di venirne a conoscenza o addirittura a prendervi parte ne è rimasto indifferente. Anzi. Angelica ha fede. Quella fede incrollabile che le ha permesso di credere nonostante tutto e tutti di costruire intorno a sé e fuori di sé un’oasi di ottimismo e di pace. La sua fede, nella pratica, si è tradotta in un Teatro dell’Arcobaleno, una compagnia di ragazzi ebrei, cattolici e musulmani che al grido di “giù le maschere”, stanno divulgando pace, fratellanza e abbattendo i muri del pregiudizio e dell’incomprensione.

Chi ha avuto la fortuna di vedere più di mille adolescenti milanesi partecipare allo spettacolo di Angelica e del suo Teatro dell’Arcobaleno con i telefonini a far luce come candele nel buio, può capire la forza del messaggio che arriva dalla Galilea.

Sasa è il nome del kibbutz di Angelica e in ebraico Sasa significa “punta della spiga”. La spiga è il simbolo dell’unione dell’uomo con la Natura. Natura benigna, che porta i suoi frutti grazie alla pace e al lavoro in comune. E più il lavoro è armonioso, più le spighe porteranno grano e ricchezza. E dal grano l’opera dell’uomo creerà il pane, simbolo universale di pace. Allora, affinché il pane sia buono, e dolce, e profumato, gridiamo insieme ad Angelica e ai suoi ragazzi “giù le maschere” e apriamo i nostri cuori al nostro prossimo.

In sintesi la Fondazione beresheet LeShalom-Masks Off propone una serie di progetti ai quali chiunque abbia coscienza e interesse per il futuro non si puo sottrarre. Attraverso l’arte, l’esperienza dell’amicizia, l’accoglienza delle differenti culture, l’attività e la partecipazione, i giovani prendono coscienza del loro contributo alla società che li cir-conda, imparano a capire il loro compito nella vita e coinvolgono tutti coloro che ven-gono a contatto con essi.

La positività diviene parte integrante delle loro azioni e li aiuta a superare il malessere dell’adolescenza che diviene ricca di significato e forza motrice per migliorare il mondo che li accoglierà in futuro. Un mondo dove si possa vivere senza il bisogno di celarsi dietro una maschera. I progetti sono: Workshops e Spettacoli con ragazzi di etnie, religioni e culture diverse per conoscersi attraverso le attività. La giornata del pane, 50 donne israeliane e 50 donne palestinesi insieme in un’attività quotidiana. Conferenze e testimonianze sulla vita in Israele e in Palestina. Attività educative e formative ai due lati della barriera di sicurezza.

Pubblicazioni di articoli e libri sugli aspetti positivi della convivenza tra israeliani e arabi. Organizzazione di vacanze in Italia per giovani vittime israeliane del terrorismo.

Perché il cielo non cada sulla terra

Angelica nelle parole di Franca Zambonini

Il 22 maggio verrà consegnato ad Assisi il Premio per la pace al femminile. Lo hanno merita-to una israeliana e una palestinese che educano i giovani alla convivenza tra le diverse fedi. Non solo a scuola. Anche con un forno, o una compagnia teatrale.

Un passante vide un uccellino a terra con le ali distese. Si fermò a chiedergli cosa facesse e l’uccellino rispose: «Ho sentito che Dio vuole scagliare il cielo sul mondo. Io cerco di proteggere il mondo». Questo apologo minimo e grandioso serve ad Angelica e a Samar per spiegare cosa fanno.

Angelica Calò Livné, 49 anni, è un’ebrea nata a Roma, vive in Israele, nel kibbutz Sasa, Alta Galilea. È sposata con Yehuda, professore di matematica; hanno quattro figli maschi. Insegna a ragazzi difficili già espulsi dalle scuole. Organizza laboratori serali dove le donne povere imparano un mestiere. Ha fondato nel suo kibbutz un rinomato agriturismo, aperto a tutti. E s’è inventata un teatro che diffonde la tolleranza e si chiama "Arcobaleno".

Samar Sahar, 46 anni, è una palestinese cristiana nata a Gerusalemme, vive a Betania, non è sposata. Continua il lavoro dei genitori, che aiutavano i bambini profughi dopo la guerra del 1966. Oggi Samar accoglie a Betania 110 bambini e ragazzi in diffi-coltà, senza distinguere tra religioni e provenienze diverse.

Fin dal primo incontro, anni fa, le due donne si sono riconosciute "sorelle". Anche se vivono dalle parti opposte del muro, lavorano per il futuro di una terra straziata: «Non un futuro migliore. Ci basta un futuro», dicono.

Il 22 maggio, Angelica e Samar saranno ad Assisi, a ricevere il Premio per la pace al femminile. L’originale riconoscimento, quest’anno alla prima edizione, è istituito dai produttori del Vino della pace di Cormòns e dall’Unione dei ristoranti del Buon Ricordo, insieme ai frati francescani del Sacro Convento di Assisi. Si legge nella motivazione che «la fraternità francescana si esprime anche nel pane e nel vino del convivio, opera di pace connaturata alle donne».

Conoscevo Angelica Calò Livné attraverso il suo libro, che s’intitola Un sì, un inizio, una speranza (pubblicato in Italia dall’Editoriale Tempi, Milano), ed è un romanzo di pianto e di sorriso, di attesa delusa e sempre risorgente. Ora la raggiungo per telefono al suo kibbutz, mi dice subito che dalla finestra vede il Lago di Tiberiade. Le sembra impossibile che su quella bellezza, resa più struggente dalla presenza del sacro legato a tre religioni, continui a soffiare l’alito dell’odio.

Anche oggi ha sentito alcuni "scoppi", come li chiama, forse dalla strada che porta alla frontiera col Libano. Mi parla dei suoi figli, Gal, Yotam, Kfir, Or. Il pensiero del maggiore che sta nell’esercito, degli altri che vanno a scuola in autobus, «mi tormenta le notti».

Angelica mi racconta di sé e della sua amica Samar: «Io sono una vera ebrea israelia-na, Samar è una vera araba cristiana palestinese. La religione e l’appartenenza familiare ci dividono, ma il sogno ci unisce. Adesso Samar ha aperto a Betania un panificio dove lavorano insieme ragazzi e ragazze ebrei, musulmani, cristiani. Io continuo con la mia compagnia teatrale, dove recitano ebrei, musulmani, cristiani. Anche fare insieme il pane, o salire insieme sul palco, serve a costruire contro chi distrugge. C’è un’emozione che salva la vita», dice.

Le chiedo se il sogno resti impossibile, ed è allora che mi racconta dell’uccellino con le ali aperte, la loro risposta a chi le considera delle visionarie.

Quando mi saluta con l’augurio: Kol tuv, in ebraico: "Tutto il bene del mondo", penso che Dio non vorrà scagliare il cielo sulla terra, finché ci saranno persone come Angelica e Samar.

Franca Zambonini

Lettera di Angelica

27 Maggio 2005

Caro don Silvio, la tua lettera e' bellissima!!!!

Saremo felici di ricevere il Notiziario. Se poi tu guardi su www.masksoff.org alla voce PUBBLICAZIONI, ci sono tutti I miei articoli e potrai scegliere tutto cio che si adatta al vostro Notiziario.

Appena puoi mandaci gli indirizzi e mettici in contatto con I tuoi collaboratori.
Don Silvio caro, tu non sai quanto ti siamo grati. E' veramente la Provvidenza che vi ha guidato quel giorno qui da Betlemme ai monti della Galilea! Abbiamo sentito che non sarebbe stato un incontro sporadico….vi avremmo sicuramente riincontrato!

Molti pensano che ora che c'e un po' di calma in Israele e non ci sono piu' attentati o perlomeno meno di prima, sia tutto calmo e a posto. Pero', purtroppo nelle famiglie in cui la tragedia ha bussato alla porta, dove non c'e piu' una madre, dove un fratello siede su una sedia a rotelle senza due gambe, dove di una sorella di 15 anni non e' rimasta che la sua foto incorniciata con due occhi che sorridono come due stelle….la pace non ci sara' piu'.

Non possiamo abbandonare questi ragazzi. Dobbiamo continuare a fare del tutto "per disegnar loro un sorriso" su quel volto spaurito ed insegnar loro che si puo ancora sperare. "Che nella bilancia il piatto del bene e piu' pesante di quello del male!"
Ti abbracciamo tanto e attendiamo tue notizie.

Con affetto,
Angelica e Yehuda

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