IL "PANE PER LA
PACE"
di Franca Zambonini
Donne
israeliane e palestinesi si incontreranno l’8 aprile per preparare e
consumare insieme il pane. Una giornata di speranza per la pace
promessa, l’8 febbraio scorso, dalla stretta di mano tra Sharon e
Abu Mazen. L’amaro sapore delle lacrime, il dolce sapore del pane.
Famiglia cristiana
| Medio Oriente | pace/donne | 20 marzo 2005
Qualche volta si riaffacciano su questa pagina
personaggi che c’erano già passati, e adesso succede a due amiche
delle quali parlai l’anno scorso
(n. 21 del 23 maggio 2004): Angelica Calò Livné e Samar Sahar.
Riassumo chi sono.
Angelica è un’ebrea nata a Roma, ha 50 anni, vive
in un kibbutz dell’Alta Galilea, è sposata con Yehuda, professore di
matematica, hanno quattro figli. Samar, 47 anni, è un’araba
cristiana palestinese, non è sposata, vive a Betania, un villaggio
alla periferia di Gerusalemme, dove ha aperto una casa-famiglia per
giovani in difficoltà. Angelica e Samar si sono incontrate anni fa,
riconoscendosi subito "sorelle" anche se tutto le divide, la
religione, l’origine, un annoso conflitto tra i loro due popoli ora
separati pure dal muro. Insieme hanno dato vita a iniziative di
dialogo e convivenza che le hanno rese famose anche fuori dalla loro
terra. Ed ecco l’ultima.
Il progetto di Angelica e Samar si chiama "Pane
per la pace". Donne israeliane e palestinesi, ebree, musulmane,
cristiane, e c’è già anche l’adesione di molti uomini,
s’incontreranno per compiere insieme il rito più semplice e
quotidiano della famiglia umana: impastare il pane, cuocerlo,
spezzarlo e consumarlo intorno alla stessa tavola. È stata scelta
come simbolica la data dell’8 aprile, perché fu l’8 febbraio scorso
che il primo ministro israeliano Ariel Sharon e il presidente
dell’Autorità palestinese Abu Mazen si sono stretti la mano, primo
passo verso una pacificazione. Il pane verrà preparato anzitutto a
Betania, luogo anch’esso simbolico, infatti fu a Betania che Gesù
risuscitò Lazzaro dai morti. E poi a Nahariya per il Nord, a Natanya
per il Centro, a Tel Aviv e Gerusalemme per chi ci abita e per
coloro che verranno dall’estero.
Si capisce che tutto questo ha bisogno di
un’organizzazione complicata, permessi per far viaggiare le corriere
da una parte all’altra, fondi, impegno a spiegare e diffondere il
senso della giornata. Angelica e Samar si sono rivolte alla deputata
del parlamento israeliano Yuli Tamir, che si è presa l’incarico dei
permessi, e ora è portavoce e responsabile ufficiale
dell’iniziativa. E hanno poi ottenuto il patrocinio di Anna De
Bernardin, ambasciatrice d’Italia in Israele, che ha messo in moto
le sue conoscenze. In questi giorni, Angelica e Samar sono in Italia
per informare sulla giornata del "Pane per la pace". Purtroppo,
proprio qui da noi hanno incontrato una chiusura perlomeno
sorprendente.
È successo all’Università di Bologna, facoltà di
Lettere, dove le due amiche avrebbero dovuto tenere una conferenza
dal titolo: "Sotto lo stesso cielo, impossibile convivenza?". Ma
l’incontro è stato cancellato. Il pretesto era che, qualche giorno
prima, un gruppo di studenti dell’Università di Firenze aveva
duramente contestato l’ambasciatore israeliano in Italia Ehud Gol,
impedendogli di parlare, e così anche a Bologna si temevano
incidenti.
È incredibile che dei giovani abbiano avuto paura
di due donne che avrebbero parlato di speranza. E fa tristezza
pensare al rifiuto del dialogo da parte di menti e cuori di ragazzi,
che dovrebbero essere illuminati dalla generosità e non intristiti
dalla diffidenza.
Meglio tornare al semplice, rassicurante dono del
pane da spezzare insieme. La lettera con cui Angelica e Samar mi
hanno raccontato della loro iniziativa finisce così: «In Palestina
come in Israele le lacrime hanno lo stesso amaro sapore, e il pane
ha lo stesso dolce sapore, a Tel Aviv come a Ramallah».
Franca Zambonini
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